Ha preso il via da pochi giorni ma ha già fatto registrare importanti ritrovamenti la terza campagna di scavi nel sito medievale di Bisarcio, a ridosso della basilica di Sant’Antioco.
Il più importante è senza dubbio quello avutosi nell’area del “recinto del vescovato”, dove sono stati individuati i resti di un locale di accoglienza per i pellegrini risalente al Sette-Ottocento ma soprattutto quella che sembra essere una sorta di sala riunioni collegata direttamente alla chiesa, che a quanto pare era costituita da due piani (nella muratura si vedono chiaramente i segni dei supporti di un solaio) e che incorporava una scala che conduceva al livello superiore.
Un’ipotesi che pare essere avvalorata dalla perfetta corrispondenza dei resti della muratura portante della scala a una fila di tre gradini esterni, che attualmente risultano essere separati dal resto dell’area dalla muratura grezza che circonda la basilica e che è stata costruita in epoca contemporanea.
L’area del “recinto” costituisce quindi un quadrante di grande interesse, proprio come la zona del villaggio – luogo di interessantissime scoperte nel 2012 ma per ora lasciato da parte in attesa di uno stanziamento di fondi più cospicuo di quello attuale – e come l’area del cimitero, che costituisce la seconda zona di interesse di questa terza campagna di scavo.
Qui già l’anno scorso erano stati ritrovati dei resti umani databili intorno al Sette-Ottocento e per questo si sta continuando a scavare per individuare stratificazioni, ed eventuali resti, di epoche precedenti. Anche qui ci sono stati già i primi ritrovamenti: si tratta di pietre lavorate che potrebbero essere identificate come “segnacoli”, una sorta di lapidi, dalle quali con un adeguato studio si potrà giungere ad altre importanti scoperte sullo status sociale dei sepolti.
Lo scavo di Bisarcio, insomma, si sta dimostrando anche quest’anno una importante fonte di scoperte. Ne è convinto il direttore dello scavo professor Marco Milanese, ordinario di Archeologia medievale nell’Università di Sassari, a capo di un’èquipe composta da ben 46 giovani tra ricercatori e studenti. Ragazzi che giungono dall’Università di Sassari ma anche da più lontano: Bologna, Napoli, Catania, persine Valencia, Barcellona ed Edimburgo (da dove provengono una statunitense e un tedesco).
Ognuno con il suo ruolo e la sua specializzazione, i giovani archeologi dall’11 agosto e sino al 12 settembre sono presenti a Bisarcio “a caccia” di scoperte che sembrano ogni giorno sempre più dietro l’angolo. Il tutto con l’utilizzo della più moderna tecnologia, messa a disposizione dall’ateneo di Sassari – dall’informatica sino al modernissimo strumento di analisi geofisica utilizzato per datare gli strati del terreno, del quale si attende il risultato a giorni -, della cartografia e anche, ovviamente, degli strumenti “tipici” dell’archeologo: cazzuole e pennelli. Strumenti grazie ai quali si sta ricostruendo una storia straordinaria e sino a poco tempo fa sconosciuta.
«Un progetto di lungo periodo che auspichiamo possa arricchire l’offerta turistica proposta ai visitatori di Bisarcio – dice l’assessore alla Cultura Giuseppina Sanna, sottolineando che sono stati circa 6mila i visitatori che lo scorso anno hanno visitato il sito – oltre che fornire nuovi elementi per conoscere la storia del nostro territorio. Gli scavi – prosegue – si svolgeranno anche nel 2015 e 2016 e siamo sicuri che porteranno a risultati importanti. Per noi è una scommessa, che anche quest’anno siamo riusciti ad affrontare grazie alla sinergia con l’Università di Sassari e la Soprintendenza ma anche grazie al contributo della società religiosa di Sant’Antioco, del Centro Commerciale Naturale “Ozieri in Centro” in collaborazione con Acqua San Martino, con il Seminario Diocesano e con la Sipal che ha fornito gratuitamente il servizio di sicurezza».
Barbara Mastino su lanuovasardegna.gelocal.it